Come vedere The Lobster (2015) HD Streaming

Locandina The Lobster

In un futuro prossimo e immaginario essere single oltre una certa età è vietato, pena l’arresto e la deportazione in un grande hotel nel quale si è obbligati a trovare l’anima gemella in 45 giorni di tempo, tra punizioni e questionari assurdi. Uomini d’affari, professionisti, donne in carriera e individui meno realizzati tutti insieme sono costretti a cercare un affiatamento possibile perchè se non dovessero trovarlo nel mese e mezzo a disposizione saranno trasformati in un animale a loro scelta.
Appena fuori dall’hotel c’è un bosco dove si trovano i ribelli, individui fuggiti dall’hotel che vivono liberi e single a cui non è concesso di stare con nessuno. Il protagonista passerà prima nel grande hotel senza trovare quell’amore obbligatorio che troverà in mezzo ai ribelli, là dove non è consentito.
Cosa succederebbe se potessimo andare in deroga ad alcune fondamentali regole sociali? Quante delle strutture, delle convenzioni e delle ipocrisie che il vivere in una società ci impone rimarrebbero tali e quanto invece potremmo sviluppare forme d’interazione nuove? Yorgos Lanthimos sembra chiederselo in ognuno dei suoi film e la risposta che si dà oscilla costantemente tra il pessimistico e il grottesco: non molto cambierebbe, nemmeno una revisione degli assunti di base può salvare l’uomo da se stesso.
La famiglia di Dogtooth che cresce i figli lontano da tutto e tutti, mentendogli costantemente per creare una bolla intorno a loro, come il nucleo di attori che impersonano i cari estinti dei loro clienti in Alps non sono troppo lontani da questi single che hanno passato i quarant’anni, sono soli e hanno effettivamente poco tempo davanti a sè per trovare qualcuno prima di regredire allo stato animale.
Dunque c’è di nuovo un mondo a parte, ai confini della società reale (che non vediamo praticamente mai), uno in cui le persone non si comportano più come ci aspetteremmo perchè qualcuno li ha costretti a privarsi di alcune nozioni fondamentali. In questa maniera The Lobster rende esplicito il dilemma di chi, nel mondo occidentale, ritrovandosi “scoppiato” oltre una certa età sente di avere poco tempo e ha la percezione di dover correre per rimettersi in pari con il modello imperante, con ciò che tutti gli altri si aspettano da lui.
Attraverso la struttura di un film di fantascienza (da una parte c’è una tirannia che impone ritmi di vita alienanti e punizioni esemplari, dall’altra un gruppo di ribelli che vive nei boschi) The Lobster racconta con una metafora a maglie larghissime la maniera in cui la ricerca di una persona con cui vivere oltre una certa età passi attraverso riti comuni, strutture predisposte ad hoc, incontri programmati e una serie di “regole” che danno la misura dell’affiatamento.lobster_can2 I grotteschi interessi in comune che il protagonista condivide con quelle che, di volta in volta, possono essere sue possibili amanti, la scansione degli incontri, il rituale dell’accoppiamento grottesco e l’odio condiviso per chi sembra meno in grado di riuscire ad accoppiarsi, appaiono stavolta come una versione pompata e incattivita delle reali dinamiche sociali. Anche la violenza onnipresente, spietata, brutale e insensibile sembra una versione concreta di quella più sottile violenza psicologica operata dal condizionamento sociale.
Nel cinema stralunato di Lanthimos, spesso così intricato, denso e convulso da essere difficilmente penetrabile, le domande sono sempre le migliori e più giuste da porsi oggi ma gli obiettivi da colpire sono sempre molti e sotto l’ombrello di questa paradossale ricerca di un’anima gemella per non diventare un animale sembrano rientrare diverse altre idee, nessuna delle quali però davvero centrata quanto la principale. Non è difficile leggere nel film anche una certa sfiducia nell’organizzazione sociale contemporanea o una rappresentazione della mercificazione dei sentimenti da parte di tutte le istituzioni che si propongono come coagulanti nella ricerca di un altro individuo da amare, ma forse, proprio nel grande affresco, nella molteplicità di letture e nel desiderio di realizzare un film dai molti livelli di lettura, il film fallisce.
Influisce inoltre ben poco il fatto che stavolta il regista greco abbia a disposizione un cast internazionale di nomi noti. Lo stile distante, asettico e impenetrabile della recitazione rimane infatti lo stesso di sempre, semmai è il senso di sfasamento metacinematografico dato dalla presenza di volti commerciali in un’impresa così distante dallo stile più immediato e comprensibile a creare un piccolo salto di senso, confermando l’idea alla base del film, quella di un mondo parallelo in cui ciò che conosciamo non agisce o reagisce come penseremmo.

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Cannes 2015: la recensione di The Lobster, il film in cui i single fanno una brutta fine

 

Cannes 2015: la recensione di The Lobster, il film in cui i single fanno una brutta fine

Un uomo viene abbandonato dalla moglie dopo 11 anni di matrimonio e portato in un hotel di lusso. Deve trovarsi un partner entro 45 giorni, o verrà trasformato in un animale. Sceglie un’aragosta: “Hanno il sangue blu, come i nobili, e mi è sempre piaciuto il mare”. Si porta dietro il cane, in realtà suo fratello, che ha subito lo stesso trattamento qualche anno prima. Ma che non voglia anche lui diventare un cane è molto apprezzato dall’amministrazione: ormai in giro ce ne sono troppi.

Nell’albergo dove i single sono reclusi è proibito masturbarsi, bisogna partecipare ad un certo numero di attività, tra cui i concertini tenuti dai proprietari, che dovrebbero favorire la confidenza tra gli ospiti. Ogni tanto vengono tutti portati nella foresta, dove è d’obbligo cacciarsi a vicenda con fucili carichi di fiale soporifere: chi viene beccato, ha chiuso.
Qualcuno scappa, e va ad ingrossare la resistenza, che persegue una filosofia opposta e altrettanto violenta: nessuna intimità, chi trasgredisce viene mutilato.
Ma all’amore non si comanda.

Non fatevi ingannare dal cast americano (Colin Farrell, Rachel Weisz, John C. Reilly) di The Lobster, il regista si chiama Yorgos Lanthimos (Kynodontas, Alps), è il nome di punta di un piccolo gruppo di cineasti per i quali si parla di new wave greca, ne fanno parte anche Alexandros Avranas (Miss Violence) e Athina Tsangari (Attenberg), sono passati tutti per Venezia. È cinema che rivomita la crisi del paese in quadri grotteschi a base di umorismo nero e distorsioni di ruolo sociale e familiare. Al centro di tutto c’è spesso una forma tragica, bestiale (l’idea del film è tutto tranne che un giochino) di egoismo, ma altre volte – più spesso – la crudeltà non ha bisogno di alcuna ragione, l’umanità è azzerata, come succede qui con una scena tremenda di assassinio di un cane, ripresa però con una fissità ebete (la camera si muove sempre poco, c’è molta frontalità, ogni tanto si pensa istintivamente a Wes Anderson) che insinua la tentazione della risata sconcia.

Parliamo, è chiaro, di cinema da festival in tutto e per tutto, non solo per la forma severa, ma pure per la ferocia nichilista e conseguente vaghezza di lettura (la solitudine è rivoluzionaria e ogni nucleo familiare è reazionario? Difficile capirsi, nessuno ne esce bene, gli unici sereni sembrano proprio gli animali), non ci sono punti d’appoggio, tocca lasciarsi andare, galleggiare sul catrame.

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Prima di entrare in sala per vedere The Lobster – al cinema dal 15 ottobre grazie a Good Films – pensate a quando da single siete stati discriminati da una ghignosa coppietta felice o, viceversa, quando da accoppiati avete osservato con sufficienza e una punta di fastidio un mesto e triste single da solo a mangiare una pizza. Se una di queste situazioni vi è capitata almeno una volta nella vita il primo film in lingua inglese del fenomeno greco da festival Yorgos Lanthimos fa al caso vostro.

Perché The Lobster mette in scena proprio il testacoda dell’intollerenza socio-culturale verso la libertà di essere e di godere, come la critica beffarda e feroce al pensiero dominante in materia di ovvietà sentimentali. La dimensione di un presente parallelo, più che di un futuro distopico, costruito e mostrato nel film – hotel, boschi e scenari urbani sono in Irlanda – è doubleface. C’è l’hotel dov’è subito catapultato il single David – un Colin Farrell con un filo di pancetta, taglio di capelli, occhialetti, camiciola e impacciate movenze da impiegato – nel quale entro 45 giorni si deve trovare l’anima gemella altrimenti si finisce trasformati in un animale, oltretutto quello preferito.

Un luogo sinistro, gestito da una coppia di tenutari altezzosi, tutto meccanicamente organizzato come fosse un campo di concentramento o un carcere e dove la masturbazione è punita con la mano infilata in un tostapane acceso,l’orientamento non prevede la casella “bisessuale”, e dove c’è perfino l’ “ultima sera” per chi non è riuscito ad accoppiarsi e per l’ultima volta sceglie se vedere un film o gettarsi dalla finestra. Uno spazio diviso meschinamente tra il salone e i campi sportivi dove pranzano le coppie, e gli spazi dove pranzano e giocano i single. Dall’altro lato scenografico c’è il bosco dove i single possono fuggire per non crepare pensando di diventare cani, fagiani o lama. Solo che tra gli alti alberi e le scogliere vive il gruppuscolo di terroristi, tutti cuori obbligatoriamente ed eternamente solitari, che vogliono farla pagare alle coppie mettendoli in ironica difficoltà, ma che al loro interno hanno regole ferree che portano alla morte quanto quelle che nell’hotel sembravano follia pura.

A David, che nell’albergo incontrava solo donne svitate e paranoiche, mentre nel bosco incontra una possibile anima gemella (Rachel Weisz), non resta che decidere se seguire il proprio istinto individualista o sacrificarsi, letteralmente, per farsi coppia. Comico, tragico, violento, The Lobster procede per paradossi (la trasgressione delle regole del protagonista è ovunque e opposta nei due contesti) slittando in una messa in scena che il regista e il fedele sceneggiatore Efthimis Filippou non sottraggono ad inserti splatter guarda caso sugli animali, una vena di sincero e altero cinismo sul prossimo, e una mancanza di appigli realistici per i protagonisti, sensazione questa sì realizzata pressochè alla perfezione. Recitazione straniante e zeppa di attori noti(oltre ai citati Farrell e Weisz, ci sono John C. Reilly, Ben Whishaw, Lea Seydoux e le amate attrici greche di Lanthimos, Ariane Labed e Angeliki Papoulia); una colonna sonora che spazia dalle eccentriche sinfonie di Alfred Schnittke a Nick Cave; infine il coraggio di non fornire soluzioni narrative e visive immediate ma che richiedono quella dilatata pazienza come poteva farlo un buon film di un autore europeo negli anni settanta/ottanta che con il pretesto di avere sul set star americane continuava e moltiplicava la sua ricerca più formalmente sperimentale e che qui per Lanthimos significa gli ottimi Kynodontas (2009) e Alps (2011).

“The Lobster” di Yorgos Lanthimos, l’inizio del film

“The Lobster” è il primo film in lingua inglese di Yorgos Lanthimos, regista greco che ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali il premio “Un certain regard” a Cannes. Il film è stato girato interamente in vere location dell’Irlanda ed è una storia d’amore ambientata in un futuro prossimo, dove i single vengono arrestati e sono obbligati a trovarsi un partner entro 45 giorni. Se falliscono vengono trasformati  in un animale a loro scelta e liberati nei boschi. Quando la moglie di David (Colin Farrell) lo lascia si trova costretto a trasferirsi nell’albergo dove vengono ospitati i single in cerca di nuove relazioni. Con lui soltanto il cane, che in realtà è suo fratello. Il film esce domani.

In un futuro non lontano tutti i celibi e le nubili sono confinati in un hotel di lusso, organizzato come una prigione, dove hanno quarantacinque giorni di tempo per trovare l’anima gemella. Se non ci riusciranno, saranno trasformati in un animale a loro scelta. Premio della Giuria a Cannes, The Lobster è uno strano racconto d’anticipazione apolide: regista greco e cast internazionale, non schiera l’ennesimo eroe del futuro ma un’umanità di povera gente infelice e depressa. Nella prima parte ti fai l’idea che la situazione somigli a tanti villaggi-vacanze reali, solo spinta più in là. A metà, però, il film prende un’altra direzione. David, il personaggio centrale, fugge nel bosco e si unisce a un gruppo di “resistenti”, i Solitari, per i quali l’obbligo è essere single. Al bando ogni ottimismo: se da una parte è contro la legge stare soli, dall’altra si punisce duramente chi osa innamorarsi. Frattanto cambia anche il tono della narrazione, facendo venire in mente certi film di Godard o il Truffaut diFahrenheit 451.

Redazione Autore

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